Il senso dell’autunno

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Da tempo aspettavo un’immersione nell’autunno come quella del week end appena passato e non potevo sperare in giornate più belle: sole, sempre, a rendere i colori incantevoli, ad accendere il rosso delle foglie, a far brillare il giallo, il verde e l’arancione. Sole sì, ma anche vento e freddo, odore di inverno che si prepara, legna che brucia nelle stufe e nei camini. La luce, nelle giornate autunnali soleggiate, è di una dolcezza che scioglie il cuore e lascia vagare emozioni e pensieri. Il posto è un parco naturale, quello delle foreste Casentinesi, tra Romagna e Toscana e il nostro girovagare ci ha portati a Poppi, uno dei borghi più belli d’Italia, a camminare nei boschi per raggiungere l’eremo di Camaldoli, per poi spostarci un po’ più a sud, al santuario de la Verna.

Quest’ultima tappa mi ha lasciato un po’ di amaro in bocca, per il contrasto tra l’essere un santuario francescano, dedicato quindi alla vita di San Francesco (non serve essere religiosi per conoscerne le caratteristiche di sobrietà, povertà e accoglienza) e la spiacevole sensazione che ogni scusa fosse buona per chiedere soldi (accendi un cero alla gloria di San Francesco, per soli due euro! accendi un cero nella cappella per i tuoi defunti, da un euro a due euro e mezzo! lascia un’offerta qui vicino alle reliquie! dì un padrenostro e un’ avemaria proprio in questa chiesetta e per un mese avrai l’indulgenza!), oltre al fatto che gli unici due frati che ho visto erano molto molto grassi. Non ho nulla contro le persone goderecce e gioviali che amano la buona tavola, ma l’immagine di un frate grasso associato alla frugalità del santo fanno un rumore un pochino stridente e mi fanno pensare più a Fra’ Tuck del Robin Hood della Disney che a un giovane spogliato di tutte le vesti che mangiava grazie all’elemosina o al lavoro che trovava nei luoghi in cui si recava a predicare.  Anche l’arrivo di una comitiva di qualche paesino del profondo sud che strepitava in continuazione mentre si faceva i selfie sotto gli affreschi della vita del santo non contribuiva a creare una dimensione particolarmente spirituale…

L’unico momento di contemplazione vera c’è stato grazie alla meravigliosa posizione arroccata in cui il santuario sorge: la passeggiata sullo strapiombo offre una vista spettacolare sulle campagne e i boschi intorno. Un luogo di silenzio decisamene adatto alla riflessione, in cui lo sguardo vola lontano sulle colline sgranate, per tornare vicino, ai colori delle foglioline degli arbusti sottili e allo stesso tempo tenacissimi che sorgono nelle spaccature della roccia. Guardato da lì il mondo appare immediatamente bello e pieno di senso e quella stagione che, se paragonata alla vita, mi fa pensare alla vecchiaia, mi porta alla mente le parole di Jared Diamond sentite ad una conferenza un mese fa, in cui il biologo – ornitologo, nonché autore del famoso libro “Armi, acciaio e malattie”, spiegava che nella nostra epoca i vecchi, che prima erano la memoria, l’enciclopedia della comunità, ora si trovano totalmente privati del senso che hanno sempre avuto. In effetti le moderne tecnologie si sono sostituite ai loro saperi, tecnologie dalle quali sono per lo più esclusi, che richiedono una velocità nemica di quella fase della vita.

Appassire con bellezza, delicatezza, eleganza, è questo ciò che la natura in questi giorni mi mostra, atto che non trova più spazio nella nostra società, nella cultura che osanna l’eterna gioventù. Saper accettare l’arrivo di una fase che impone lentezza, come rallentato deve essere lo sguardo di chi contempla e  coglie il senso profondo di questo mutare, e riflettere sulla bellezza dell’essere inseriti in un ciclo continuo, che ad ogni appassire promette un nuovo germogliare: questi i significati di cui faccio tesoro, che l’immersione profonda negli elementi dell’autunno mi ha donato, un tesoro screziato di rosso e di giallo.

10 pensieri riguardo “Il senso dell’autunno

  1. Mi piace molto quello che scrivi, mi sono ritrovata nelle tue riflessioni. Sentimenti simili li provai un Natale ormai lontano, quando accompagnai una persona a me molto cara a San Giovanni Rotondo per vedere Padre Pio. La persona che era con me nutre una fede profonda ma anche chi non ha fede dovrebbe provare tristezza per la speculazione sulla vita di un uomo che da sempre ha predicato povertà e uguaglianza.
    Comunque l’autunno resta una stagione piena di colori ed emozioni, un periodo in cui la vita è tranquilla e piena di calore.

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  2. Bellissimi posti che ho potuto assaggiare questa estate, nel mio ultimo viaggio in bici. Il Casentino è bello (cit. onorevole Razzi) 😀 peccato per il caldo asfissiante! Avevo pernottato proprio in una località vicino a Poppi, in un campeggio accolto nel bosco. Non posso che condividere tutto il resto: speculazione sulla fede, eliminazione del concetto di vecchiaia dalla nostra società, la bellezza e la varietà delle stagioni. I vecchi, oggi, sono solo cattivi consumatori, così ancorati alle loro abitudini, che siano sensate oppure no! C’è bisogno di gente che lavori e spenda, plasmabile, vuota, mentre i vecchi hanno qualcosa da dire. Chissà come sarà la nostra generazione fra 40 anni…

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    1. Il caldo asfissiante rende tutto più difficile (e un po’ meno godibile). Devo dire che rispetto a la Verna, l’Eremo di Camaldoli mi ha dato una sensazione diversa, sarà l’averlo raggiunto a piedi, sarà che una volta arrivati su l’abbiamo trovato appena chiuso 🙂 (era appena finita qualche celebrazione e mentre noi arrivavamo tutti andavano via), sarà che quando ci siamo tornati nell’apertura pomeridiana mi è piaciuto il confine tra spazi visitabili e zone ad uso esclusivo dei monaci, separati da un cancello con su scritto “non sostare” (della serie: non appostatevi a fare birdwatching come se fossimo esemplari rari…), ma mi ha dato un senso maggiore di autenticità. Un po’ meno la foresteria di Camaldoli, nell’omonima località, a 6 km dall’Eremo. Affascinanti i prodotti dell’Antica Farmacia dei Monaci Camaldolesi, ottimo che siano prodotti artigianali, ma non sono certa che il loro INCI sia altrettanto ottimo…

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  3. Ciao, ti ringrazio per aver lasciato un commento sotto il mio post dedicato alla Puglia così sono potuta approdare qua e trovare un mondo interessante. Ieri notte mi sono messa a leggere tanti tuoi post e il fatto che ti dedicherai a questo spazio per un anno a partire da marzo. Fa quasi già venire nostalgia per qualcosa che prima o poi finirà ma è bello e meriterebbe di andare avanti ben più di anno 🙂
    Comunque, conosco questi luoghi, perché ho abitato per due anni in Toscana ed erano meta di alcune gite del fine settimana. Conosco anche l’eremo, scoperto per puro caso. Pensa che io non sono nemmeno entrata. Mi sono limitata a fare la passeggiata spirituale in mezzo ai boschi fino ad arrivare alla meravigliosa panchina situata su un colle con vista boschi 🙂 non credo molto alla spiritualità a pagamento ma trovo i dintorni di quel posto affascinanti, luoghi in cui davvero si può ritrovare la propria pace. Sono arrivata lì proprio il giorno della mia ultima gita prima di lasciare la Toscana e tornare in Sardegna in maniera definitiva. Ricorderò quel giorno 🙂

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    1. Valentina, grazie! Le tue parole sulla nostalgia mi commuovono, sono felice che ti sia trovata bene in questo mio angolino virtuale, grazie per la tua sincerità e spontaneità 🙂
      La zona delle Foreste Casentinesi è davvero stupenda, spero di riuscire a tornarci per un trekking più strutturato prima del grande freddo, o magari in primavera…
      La Sardegna invece è una delle uniche due regioni che mi manca da visitare, insieme alla Valle d’Aosta, spero di rimediare presto, mi farò ispirare anche dai tuoi post!
      Un saluto e grazie di essere passata 🙂

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  4. Questi luoghi devono essere splendidi da come li descrivi…non ci sono mai stata, o forse quando ero molto piccola, e non ricordo molto. Già messi in lista per un weekend in cui non lavorerò..
    Questo autunno mi sta ispirando moltissimo, e mi sento molto in sintonia con quanto scrivi perché i miei “luoghi della memoria” hanno acquistato quella luce morbida che fa sentire parte di un passato in cui si viveva ai ritmi della Natura, in maniera semplice, così diversamente dalla furia di vivere di oggi. Ho la fortuna di avere ancora i miei nonni con me, le mie radici,e proprio da loro attingo ad una memoria che nessuna wikipedia potrà mai sostituire: la loro, quella della loro vita in quelle stesse campagne dove ora passeggiamo cercando funghi e castagne. Ogni loro ricordo, ogni abitudine ormai perduta che rievocano è un tesoro preziosissimo.

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    1. Bisogna dire che il susseguirsi di giornate di sole rende l’innamoramento per questa stagione ancora più immediato 🙂
      Il tema dell’anzianità, della vecchia, mi dà molto su cui pensare e dice tanto di noi, di come viviamo, di ciò che stiamo velocissimamente perdendo, senza quasi accorgercene… E vedo intorno molte persone avviarsi alla terza età con sgomento, parlare continuamente del proprio invecchiare in maniera a volte desolata e preoccupata. La vecchiaia, come la morte, sono fasi della vita che sembrano essere state cancellate dai media: nelle tv, nelle pubblicità sono tutti giovani e anche i vecchi tendono ad essere ringiovaniti rispetto alle immagini cui siamo abituati. E’ come se fossimo obbligati a vivere solo in un’eterna primavera, ma non può esserci primavera senza autunno, nè estate senza inverno. Sembra che non si sappia più che farsene dell’autunno della vita, e dell’inverno non se ne parla proprio, se non in termini allarmistici (morti violente, mali incurabili). Questa amnesia voluta penso generi molta dell’ansia dei nostri tempi.

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      1. Sono d’accordo con te, e anche se sono giovane e forse non posso capire, nel mio piccolo lavoro vengo a contatto con tante persone e mi accorgo molto di questa tendenza: tanti quarantenni che fanno gli eterni ragazzini (e mica dico che uno a quarant’anni deve chiudersi in casa a meditare, ci mancherebbe…ma noto dell’esagerazione!), troppe donne che sgomente mi parlano di chirurgia estetica (“lei che ne pensa? se mi facessi due punturine?”). La menopausa non si nomina, si chiama “età del cambiamento”, le rughe “segni del tempo.
        Pensiamo piuttosto alla fortuna che abbiamo oggi: arriviamo alla vecchiaia (quella “vera”, non gli anta che fanno tanta paura) molto più in salute e più attivi di un tempo, ma se parliamo di prendersi cura del nostro corpo troppo spesso il pensiero va all’estetica, per immortalizzarlo e renderlo immutabile, non ai meravigliosi strumenti che ci permettono di respirare, muoverci, guardare.
        La morte poi è diventata un tabù, un concetto che non sappiamo più accettare, quando andarsene con naturalezza quando il corpo e la mente sono troppo stanchi per andare avanti sarebbe più dignitoso, meno doloroso che farlo quando ormai si è solo l’involucro di quel che siamo stati. L’esperienza più dura dei miei primi mesi da medico è stata visitare i pazienti di una rsa, consapevole che non c’era molto da curare, come se da sotto quei lenzuoli sentissi continuamente sussurrare “sono stanco, lasciatemi andare”.

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